CAPITOLO III: PRESUPPOSTI E CONDIZIONI PER LA REALIZZAZIONE DI UN MAGAZZINO VIRTUALE

3.2.2 I VANTAGGI E GLI OSTACOLI

Un numero sempre maggiore di imprese si sta oggi muovendo verso l'adozione dello strumento dell'outsourcing.
Le conseguenze positive nel lungo e nel breve periodo ad oggi riconosciuti e riscontrati sono piuttosto importanti.
Innanzitutto, le risorse dell'impresa possono essere concentrate in quelle attività che rappresentano il business principale dell'impresa, evitando di dover investire in attività secondarie che oltretutto, per raggiungere livelli di competitività assoluta, necessiterebbero di investimenti ingenti, comunque non giustificabili da risultati proporzionalmente adeguati.
Inoltre si otterrebbe la flessibilizzazione di costi che normalmente sono fissi: lasciando gestire le forniture ad un provider si potrà acquistare solo quello di cui si ha bisogno e nel momento in cui se ne ha veramente bisogno.
In particolare si pensi di quanto potrebbe essere ridotto il capitale immobilizzato, a volte anche per lunghi periodi di tempo, in materie prime e semilavorati se si adottasse una politica di outsourcing delle forniture.
Esternalizzando le attività secondarie al core business, le strutture interne, operative e gestionali, diventano più snelle; non si tratta solo di ridurre i costi (ad esempio dell'amministrazione e dei processi di controllo), ma anche di rendere la struttura più pronta e flessibile al mutare delle esigenze di mercato.
Conseguenze positive non certo secondarie, ricadono poi sul personale che ne viene valorizzato: non più impegnato in lavori di routine, può concentrarsi maggiormente sugli aspetti focali della sua attività, migliorando ragionevolmente la professionalità; l'impresa può accedere a tecnologie altrimenti precluse, ottenendo informazioni preziose; il provider può partecipare alla definizione dei bisogni e delle esigenze dell'impresa: grazie alla modularità dell'outsourcing, e, a seconda dei contratti stipulati, è possibile estendere le aree aziendali di intervento, cambiare il tipo di servizio offerto, oppure parallelamente ridurlo, al cambiare delle esigenze dell'impresa. La qualità dei servizi offerti e dei prodotti forniti tende a migliorare perché il provider tende a inserire nel "paniere" dei fornitori al quale si rivolge, solo quelle imprese che assicurano standard qualitativi elevati: anche per questo è importante fare riferimento ad un vendor di consolidata esperienza e professionalità.
A dimostrazione di quanto detto, viene riportata un'indagine svolta dalla Outsourcing Europe su un campione di imprese di tutto il mondo che si affidano all'outsourcing. Si rileva, tra l'altro, che:

  1. l'87% dichiara che il BPO (Business Process Outsourcing) permette loro di concentrarsi al meglio sulle competenze a maggior valore aggiunto (core business);
  2. il 76% dichiara di aver riscontrato, grazie al BPO, un incremento considerevole di efficienza senza avere alcuna necessità di investire ulteriormente in personale e tecnologia;
  3. per il 66% delle imprese intervistate, l'adozione di politiche BPO ha aiutato in maniera rilevante la loro impresa ad aumentare la sua capacità di produrre profitto, con riflessi positivi sul valore delle azioni. Qui di seguito viene riportata una tabella contenente un riassunto piuttosto indicativo sui benefici riscontrati su base globale dalle imprese mondiali intervistate.

Tabella n. 3.1 - I benefici dell'outsourcing rilevati su un campione di imprese internazionali [Outsourcing Europe, 2000].

Affinché l'outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è necessario che siano soddisfatte, fra l'altro, due condizioni: la prima ha carattere oggettivo e consiste nella presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece natura più soggettiva e riguarda il superamento da parte del management societario di varie remore psicologiche, in particolare il timore di un "autoridimensionamento" professionale.
Di questi due punti il maggior ostacolo all'implementazione dell'outsourcing è rappresentato dalle resistenze di ogni genere che si incontrano a tutti i livelli della struttura gerarchica aziendale oltre che sindacale.
Solamente a livello di top management si è ormai diffusa la consapevolezza del fatto che un'impresa agile e snella, la quale abbia il meno possibile di struttura fissa ed acquisti all'esterno i servizi "generali" sia il modello vincente nei mercati attuali e che solo delegando tutte le funzioni ausiliarie a fornitori specializzati diviene possibile concentrarsi sulle attività per le quali si possiede un'effettiva competenza ed un vantaggio competitivo.
A testimonianza di questa circostanza può essere riportata una recente ricerca del Benchmarking Club di Business International, secondo la quale nel 93% dei casi è il top management a definire le politiche di outsourcing anche quando questo tipo di decisione non riguardi aspetti strategici.
Molto di rado accade che sia un dirigente di funzione ad assumersi tale responsabilità: ricorrendo all'outsourcing infatti, questi correrebbe il rischio di trovarsi con minor potere all'interno dell'azienda.
Viceversa i top manager propendono più che in passato per il ricorso all'outsourcing, in quanto ritengono che ciò possa portare ad una riduzione dei costi (in particolare di quelli fissi) e ad una maggiore flessibilità dell'impresa.
La situazione di "scollamento", spesso riscontrabile tra i top manager ed i manager di funzione o di dipartimento, fa sì che i fornitori di servizi tendano oggi a rivolgersi sempre più ai primi piuttosto che ai secondi.
L'esperienza pratica mostra inoltre come spesso i responsabili di funzione tendano ad ostacolare il corretto svolgimento del rapporto cliente-provider, specie nella fase sperimentale tendente ad affinare la collaborazione tra provider e personale interno dell'azienda-cliente, il quale deve necessariamente collaborare all'espletamento della funzione da delegare.
In realtà le soluzioni attualmente offerte dal mercato non comportano necessariamente la totale perdita del controllo: innanzitutto perché nelle forme per così dire "base" di outsourcing, il controllo sulle attività delegate può rimanere al cliente del vendor; in secondo luogo perché terziarizzare un'attività non significa affatto acquistare un servizio o un prodotto a scatola chiusa: vi sono, infatti, accordi ben precisi che legano le imprese e gli outsourcer; infine perché i vantaggi ottenibili sono ampiamente premianti. Una volta che si sia accettata l'idea di esternalizzare la maggior parte delle funzioni aziendali, la difficoltà diventa, come sempre, l'esecuzione.
Nelle aziende si riscontrano sempre forti resistenze nel momento in cui si deve diminuire la dimensione complessiva delle proprie attività; esse sono restie a privarsi della gestione diretta di alcuni servizi, quando non possano contestualmente acquisirne la gestione di altri.
La diffusione dell'outsourcing viene dunque ostacolata dalla preoccupazione comune a molti responsabili di perdere il controllo di una parte del sistema aziendale. Non bisogna infatti dimenticare che l'outsourcing non solo riguarda esclusivamente attività non direttamente legate alla missione aziendale, ma è anche destinato a fallire nel raggiungimento dei propri obiettivi, ove venga adottato come soluzione finalizzata esclusivamente alla riduzione dei costi aziendali e dunque quando la sua implementazione non sia direttamente mirata ad una maggiore focalizzazione dell'impresa verso il proprio core-business.
In altre parole e come dimostrano i successi e gli insuccessi conseguiti nelle diverse implementazioni dell'outsourcing, esso è destinato a produrre successi solo se ben inserito in un piano strategico aziendale, del quale costituisca sicuramente parte fondamentale, ma allo stesso tempo subordinata al raggiungimento di obiettivi di crescita dimensionale o quanto meno di aumento di produttività nelle attività proprie dell'azienda.
La soluzione delle difficoltà citate deve consistere, in primo luogo, nel mettere in moto un meccanismo di riallocazione pressoché simultanea (operazione dipendente esclusivamente dalle capacità del top management interno) e, in secondo luogo, nella capacità di introdurre l'outsourcing in modo graduale, così da non aumentare le difficoltà che inevitabilmente comporta l'impatto di questa decisione all'interno dell'azienda (questo tipo di operazione dipende invece dalla flessibilità e professionalità del provider).
Per concludere va sicuramente detto che l'Italia si presenta come la "cenerentola" della terziarizzazione, se confrontata con il resto dei principali paesi europei. Le ragioni di ciò risiedono nella grande rilevanza che hanno le medio piccole imprese manifatturiere all'interno del mercato italiano e nel forte scetticismo dei loro imprenditori verso una potenziale perdita di controllo della propria attività.
Nonostante tutte queste difficoltà, per i prossimi anni il movimento verso un ruolo più rilevante dell'outsourcing è irreversibile: le grandi imprese cercheranno di decentrare tutte le attività che possono essere prodotte all'esterno in modo più competitivo, concentrandosi invece su quelle in cui vi siano competenze distintive ben evidenti e non riproducibili altrove.
È evidente che nel corso di questo processo la grande impresa si "snellirà", nel senso che avrà meno dipendenti in organico, mentre i compiti della direzione assumeranno sempre più funzioni di regia differenti da quelle tradizionali; ma non è affatto detto che la sua forza complessiva, in termini di network che essa "comanda", sia destinata a diminuire.
Oggi il business dell'impresa ha nuovi confini; outsourcing, terziarizzazione, specializzazione ed internazionalizzazione sono parole d'ordine che devono essere prese seriamente in considerazione da tutte le aziende, se si vuole aumentare l'efficienza complessiva del sistema produttivo.

 


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